Il caffè del professore di Salvatore Sabella


Fummo saggi profeti la settimana scorsa quando dicemmo che non sapevamo quale Napoli avrebbe affrontato il Frosinone e che era difficile commentare le prestazioni lunatiche di una squadra che troppe volte è caduta nella polvere per poi credere di risalire sugli altari.

Ieri ennesima conferma di una squadra che non c’è e che non ci crede.
Eloquente l’ espressione di Calzona e i suoi commenti di fine gara quando, da uomo di grande equilibrio, ha ammesso di essersi calato in una realtà che non è riuscito a guidare, travolto dalla mediocrità di una squadra che, a suo dire, ” non avverte il pericolo”.

E’ naufragato con i suoi uomini in un baratro di ipocrisia dove è mancato anche il rispetto verso i tifosi che ancora una volta avevano gremito il Maradona fino al limite della capienza.

Il Napoli gioca più partite nella stessa gara, a tratti travolge l’avversario per poi bearsi in atteggiamenti irriverenti, causati dalla mancanza di concentrazione.

Regalati agli avversari quattro situazioni di gioco che non basta definire solo imbarazzanti.
La prima, una semplice giocata centrale, ha attirato tutta la difesa sulla palla e nessuno a chiudere su Cheddira se non in seconda battuta quando l’ inebetito Rrahmani ha causato il rigore poi neutralizzato da Meret, reo poi del grossolano errore sul pareggio Ciociaro, ostinatosi a voler giocare la palla quando in alcune fasi dell’ incontro, il buon senso, impone solo un semplice rilancio. È un portiere che si sblocca solo a risultato già compromesso e quasi mai decisivo nei momenti topici.

Mortificanti infine , per atteggiamento e mancanza di reattività, il non chiudere Cheddira inseritosi facilmente al centro dell’ area di rigore per insaccare di testa e poco dopo sull’ incursione di Seck, lasciato libero di colpire a pochi passi dalla linea di porta, su torre di Zortea, fra l’ indifferenza generale .

Aver lasciato tutto questo al modesto Frosinone, ed aver chiuso l’ incontro in parità ci fa dire che ieri abbiamo guadagnato un punto!

La verità è che i calciatori non credono a nessuna rimonta, ognuno gioca per sé stesso, nessuno si assume la responsabilità di una giocata e se non c’è personalità per superare le avversità, se non c’è coralità dovuta al trasporto di tutti, siamo qui a scrivere le solite banalità di quello che poteva essere e che non è stato.

Una squadra che non regge la pressione del suo stadio, che deve sempre e solo rincorrere, che non riesce a fare tre passaggi di fila senza sbagliare, che ha paura di concludere a rete e quando lo fa non è in maniera perentoria, merita di uscire dal campo sotto i fischi assordanti della sua gente.

Nessuno contesta l’errore tecnico perché nasce dal gioco, ma non sono ammissibili atteggiamenti di puro isterismo come quelli di Rui per tutta la partita dove ha cercato più una giustizia sommaria di campo che le giocate, o di Kvaratshvelia, la volpe nel deserto, lui da una parte e la squadra dall’ altra.
Lo stesso Osimhen a tratti sul pezzo e poi abulico nelle conclusioni, il ghepardo non ha più fame.

Calzona nel dopo partita parlava di una buona fase costruttiva ma molto male quella difensiva perché eravamo costretti solo a rincorrere e qui ci sono anche le sue responsabilità perché dovrebbe avere il coraggio di scelte meno di compromesso per calciatori che in questo momento non danno garanzie di tenuta mentale e andrebbero lasciati in panchina, ed azzardare prima i cambi soprattutto quando c’è da giocarsi il tutto per tutto.

Così ovvio e scontato che risulta anche banale ma, evidentemente, i problemi sono ancora più grandi di quelli che vediamo, e siamo qui a commentare l’ ennesima prova indecente.

La sensazione nel vedere giocare il Napoli tra le mura amiche, è quella di percepire un senso di confusione nel non sapere esattamente cosa fare , quasi come se la partita non fosse stata preparata e invece gli azzurri venivano da una settimana di preparazione tipo, lo stesso tecnico ha evidenziato il lavoro preparatorio fatto per poi vedere sul campo l’ esatto contrario, e questo fa capire che anche l’ impegno di Calzona non è servito a raddrizzare una stagione maledetta .

Lo avevamo ipotizzato, ora c’è la certezza, il secondo tempo di Monza, era stato solo uno splendido episodio, ” di doman non v’è certezza”.

Ad assistere allo scempio c’era anche il grande Spalletti che ancora si commuove all’ acclamazione del suo vecchio pubblico , almeno i ricordi non possono essere cancellati, quelli sono stati consegnati alla storia come il suo senso di appartenenza e di riconoscenza solo ai nostri colori ed a null’ altro .

Finisce qui? Per la fede azzurra assolutamente no, per i calciatori, mercenari, forse non è mai cominciata e la società? Resta a guardare.

Foto copertina: profilo Instagram officialsscnapoli
Salvatore Sabella

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