L’addio di Insigne: l’ultima proprietà del “Teorema Aureliano”

L’addio di Insigne: l’ultima proprietà del “Teorema Aureliano”

Napoletani finitela, vi prego. Basta con la morale per l’addio a Lorenzo Insigne. Ognuno rimanga con le proprie idee, ma non si commetta l’errore di dividere questa magnifica tifoseria. Un autogol imperdonabile se pensiamo che l’incipit del regista Capuano, nel film diretto da Paolo Sorrentino “È stata la mano di Dio”, è proprio quello di non disunirsi.


Perché così facendo, inoltre, si alimenta il “Teorema Aureliano”: “quando un tifoso versa lacrime, c’è un De Laurentiis che stappa bollicine”. Dalla teoria agli esempi. Napoli-Crotone 2-1, ultima partita del triennio Sarrista. Mentre volgeva al termine uno dei capitoli più belli della storia azzurra e il dolore per aver accarezzato il sogno tricolore era l’unico sentimento sovrano, il presidente, negli spogliatoi di Fuorigrotta, stappava bottiglie di champagne davanti agli occhi sconcertati dei calciatori. “E ora festa”, postò su Twitter.

Una scena, quasi perfettamente, riprodotta dopo la sconfitta casalinga, terza consecutiva, contro lo Spezia di quest’anno. Natale rovinato ai tifosi, eppure non lo vai a fare un brindisi a fine gara? Non sia mai. Ecco, queste sono due tipiche dimostrazioni di come sia ben strutturato il teorema. Ma se non vi siete convinti abbastanza, non mancano altre valide rappresentazioni del postulato.


Il passaggio alla Juventus di Higuaìn per 94 milioni, per esempio. Il Pipita da eroe è diventato traditore, come da copione. Il povero Aurelio giustamente con la clausola rescissoria aveva le mani legate. L’offerente si è fatto avanti, strana ironia della sorte proprio i bianconeri, e addio Gonzalo. Certo, che a introdurre la clausola sia stato proprio il patron del Napoli è un piccolo dettaglio.

Così come è un dettaglio di poco conto che, nell’annata precedente, sempre lo stesso diede del “chiattone” al fuoriclasse argentino. Proprio a testimonianza del fatto che per ADL i suoi dipendenti sono una risorsa preziosa. A Callejon e Mertens, qualche anno dopo, sarebbe andata meglio in questo senso.

“Se vogliono andare a fare le marchette in Cina, io non posso farci nulla”. Comunque, mentre Higuaìn segnava al San Paolo nella porta sbagliata e, ancora una volta, i napoletani venivano castigati il signor Aurelio si consolava con il tesoretto della vendita.


Destino simile è toccato all’ex comandante Maurizio Sarri. Il tecnico di Figline passò, anche lui, per mercenario. D’altronde sempre il n.1 del Napoli disse che aveva fatto di tutto per convincerlo a rimanere. In questo tutto sono compresi, ovviamente anche i provvidenziali acquisti di gennaio (Napoli campione d’inverno per due volte) come – in ordine di annate – Grassi, Regini, Milic e Machach. Perché si sa, nel mercato di riparazione la SSC Napoli si esalta. “Svendi tutto, rimpiazzi zero”, potremmo dire.

Sarri alla fine scelse il Chelsea e l’appellativo di “traditore” fu rimandato solo di un paio d’anni, quando poi approdò proprio in bianconero. E anche in questo caso a sbagliare furono gli altri. Adesso tocca a Lorenzo Insigne. Però, senza entrare nel merito della trattativa e della valutazione tecnica del giocatore che resta e resterà soggettiva per chiunque, c’è un fatto. La dirigenza del Napoli non presentandosi agli incontri, a inizio stagione, con l’entourage del capitano aveva già messo in chiaro la sua volontà.

Un giocatore nato e cresciuto nel Napoli con più di cento gol all’attivo avrebbe meritato sicuramente un trattamento diverso, umano e non economico. Insigne non ha fatto altro che adeguarsi allo stile Napoli.

E il teorema, ancora una volta, prende vita: c’è il mercenario di turno, le lacrime dei tifosi neanche a dirlo, mancano solo le bollicine in casa De Laurentiis. Se Insigne andrà via a parametro zero non ci saranno ricavi, ma l’uscirsene puliti, agli occhi di tutti, varrebbe sicuramente una bottiglia di Möet.

Se poi da Toronto arrivassero cifre irrinunciabili last minute entro la fine del mese, allora sì che il teorema sarebbe davvero servito. Napoletani finitela, vi prego.

Dario Vito

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