Zlatan Ibrahimovic, il Benjamin Button sportivo

Il mondo del cinema ha sempre avuto come uno dei suoi temi principali quello dell’eterna giovinezza, basti guardare Dorian Gray, giovane egocentrico impaurito dalla minaccia della “vecchiaia”, o anche Benjamin Button, il quale è soggetto ad una trama leggermente diversa, ma pur sempre di analoga concezione: tramite un orologio costruito dal padre, capace di tornare indietro nel tempo, il ragazzo di origini statunitensi legato imprescindibilmente alla morte, riesce a ringiovanire con il passar degli anni; la vita ruota al contrario, le fasi primordiali dell’esistenza sono incentrate su numerosi problemi fisici, mentre quelle più mature, vedono Benjamin migliorare la propria salute e le relative capacità atletiche.

Trovate qualche somiglianza nel mondo del calcio? Un nome probabilmente ci sarebbe, quello di un giocatore infinito, forse proprio lui, Zlatan Ibrahimovic. L’attaccante svedese é una riproduzione metaforica del vino, il corso del tempo gli giova anziché danneggiarlo; un professionista di 39 anni ancora nel pieno della sua attività, capace di collezionare dati statistici strepitosi nonostante i comprensibili ostacoli che potrebbero incappare il suo percorso. Ma andiamo a ritroso, da dove inizia questa favola? Anzi, questa legenda?

Malmö, 3 Ottobre 1981, parte tutto da qui. La città svedese fu anche la prima che lo accolse nel mondo calcistico, cominciando dalle giovanili sino ad approdare in prima squadra, con la quale collezionerà sino al 2001, ben 16 reti in 40 presenze; il tutto all’età di 18 anni. Poi l’Europa che conta, o quasi: l’Ajax aspetta Zlatan, o Zlatan aspetta l’Ajax (?). In Olanda Egli siglerà uno dei goal più iconici della storia del calcio, una serpentina ubriacante di circa 10 metri, una giocata formidabile e incredibile considerando le dimensioni del soggetto (195 cm).

Tre anni di riscaldamento per il bomber, il quale segnerà a raffica facendosi notare da uno dei campionati più competitivi di tutti: la Serie A, su di lui la Juventus. I bianconeri faranno di Ibra il perno del loro attacco, un calciatore rivoluzionario, capace di fare a sportellate con chiunque e alternare stili di gioco rudi ad alcuni più eleganti e raffinati nei quali predominava una tecnica sublime, inconsueta per piedi di quella grandezza.

L’Italia gli lasciò un bel segno, tre anni dopo, infatti, la chiamata di un altro top club, una squadra a righe, neroazzurre però, ecco l’Inter; numero 8, 88 presenze e 57 goal, Zlatan non era più una novità, ma una solida realtà. In quel momento Egli si classificava probabilmente nella top 3 dei più forti attaccanti in circolazione, un team in particolare se ne rese conto, forse il team per eccellenza: Barcellona chiama, Ibra risponde; un’esperienza che si rivelò però buia per lo svedese, un solo anno (comunque positivo per le statistiche) danneggiato dal pessimo rapporto con il tecnico dei Blaugrana, all’epoca Pep Guardiola. Il calcio Europeo, però, non poteva privarsi di una figura simile, non a caso molteplici squadre cercarono di approfittare di questo “litigio”.

Ancora l’Italia, ancora Milano, questa volta sponda Ac Milan: i rossoneri godranno di una delle migliori versioni dell’attaccante, il quale riuscirà a portare ai diavoli uno scudetto importantissimo conteso tra formazioni di alto calibro come Inter, Juventus e così via. Due anni intensi fecero accrescere la necessità di cambiare aria: nuovo campionato, nuova avventura, stessa mentalità; ecco il PSG, un club con grandi ambizioni, pronto a portare a Parigi un’onda nuova e positiva.

Zlatan segnerà 113 goal, regalerà un mare di prestazioni formidabili tra Champions e campionato; la sua voglia di vincere era più forte di qualsiasi ostacolo, mettere alla prova se stesso era una necessità, un obbligo. Le ultime tappe, prima di quella attuale, sono tracciate tra il nostro continente e quello americano: la prima nel Manchester United, giocare in Premier a 34 anni per la prima volta, non è da tutti; nonostante ciò, i goal, i record, ma soprattutto i trofei (Europa League), i quali valevano doppio per una squadra sottotono come quel Manchester, non tardarono ad arrivare; la penultima esperienza, invece, fu negli States, ovvero il luogo di nascita del caro Benjamin, coincidenze?

La MLS divenne il nuovo terreno di battaglia di Ibracadabra, tecnicamente una scelta alquanto insolita per le sue qualità, in quanto il campionato non godeva di un livello di prestigio altissimo. Il risultato racchiuse 52 reti messe a segno in 56 presenze. Infine, quando tutto sembrava finito, la scelta di tornare nel calcio che conta, a casa sua, dove aveva lasciato il cuore, parliamo nuovamente del Milan, la sua attuale squadra.

Ibrahimovic si sta letteralmente caricando sulle spalle il peso di un’intera formazione, ma c’è un dettaglio: il soggetto ha 39 anni. Un calciatore che rimarrà nel libro sacro del calcio, un personaggio che non finirà mai di stupirci, già, perché non vi abbiamo parlato del suo lato “umano”: un leader in grado di coinvolgere la squadra tramite gesti che vanno al di fuori dello Sport, come quello di regalare una console nuova di zecca ai propri compagni.

Altra peculiarità che lo ha contraddistinto per anni è l’estrema, forse eccessiva, sicurezza nei propri mezzi, dimostrata in molteplici interviste, conferenze e così via. Come dargli torto? Parlano i fatti, ci si trova dinanzi ad una legenda. Qualsiasi amante del calcio lo ricorderà per un poker miracoloso contro l’Inghilterra con la sua Svezia, un goal dei quattro fu realizzato in rovesciata da centrocampo: lo stadio esplose, gli spettatori si fermarono a pensare, magia, abracadabra, anzi ibracadabra. Bisogna ringraziare professionisti simili, prendere spunto dalla loro mentalità, dal loro approccio sportivo e non, cercando di godersi le loro gesta finché possibile. Signore e signori, Zlatan Ibrahimovic, o se volete, Benjamin Button.

Renato Oliviero

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